
STORIA
All'inizio del
primo secolo dopo Cristo, Roma si avviava a diventare la capitale del più grande Impero dell’antichità. La sicurezza
militare dei suoi sterminati confini avrebbe garantito il più lungo periodo di
pace della sua plurisecolare e travagliata storia, ricordata con il nome di Pax
Augusta.
Tutto il bacino del
Mediterraneo, dalle mitiche Colonne di Ercole agli estremi confini orientali
dell’Egitto,
della Siria e dell’Anatolia, visse un periodo di grande prosperità, fiorirono i
commerci e un intenso traffico marittimo, di uomini e di merci, confluì con crescente
intensità sulla
capitale dell’Impero.
In quegli anni Roma
diventerà la
città più cosmopolita e
popolata con più di un milione di abitanti, nonché principale centro
politico e militare di tutto il mondo antico.
Fino ad allora l’approdo naturale di
Roma era stato il porto fluviale di Ostia. Dalla foce del Tevere le
imbarcazioni poi risalivano il fiume per raggiungere il porto commerciale al
Foro Boario, il Portus Tiberinus, in piena area urbana.
Il numero crescente
di navi che faceva scalo nella capitale richiese ben presto la progettazione e
la realizzazione di un nuovo porto costiero che rispondesse in modo adeguato
all’aumentato flusso
mercantile, e garantisse il crescente vettovagliamento di Roma.
Sempre più spesso, infatti, le
grandi navi dovevano rimanere in rada, al largo della costa, e scaricare su
altre imbarcazioni parte del carico, per poter entrare nello stretto alveo del
porto fluviale di Ostia evitando difficili operazioni di attracco e di scarico
delle merci.
L’idea di rendere
navigabile il Tevere fino a Roma per le navi di grande tonnellaggio si era già prospettata al tempo
di Giulio Cesare, ma l’attentato delle idi di marzo del 44 a.C. bloccò l’ambizioso progetto.
Anche l’imperatore Augusto
pensò di ampliare il porto
alla foce del Tevere, ma le difficoltà tecniche ed economiche vinsero sulle necessità logistiche; ci
vollero altri trent’anni per dotare Roma di un nuovo porto e ciò fu merito dell’intervento deciso e
coraggioso dell’imperatore Claudio
che riuscì a vincere le
resistenze del Senato, contrario per l’elevato costo dell’impresa.
Per il nuovo porto
venne scelta una leggera insenatura, tre chilometri a nord dalla foce del
Tevere. Imponenti lavori di sbancamento scavarono un amplissimo bacino di circa
80 ettari di superficie, delimitato da due imponenti moli di calcestruzzo,
protesi verso il mare aperto, a fungere da antemurale e frangiflutti..
Due o forse tre
canali favorivano il passaggio al Tevere per il trasporto delle merci a Roma,
ma la vicinanza alla foce e le fosse di collegamento diretto con l’alveo del fiume
causavano il continuo insabbiamento del porto di Claudio e onerosi lavori di
manutenzione per garantirne la navigazione.
Furono queste
ragioni che convinsero l’imperatore Traiano, appena cinquant’anni dopo, a
costruire un secondo bacino più interno capace di offrire maggiori garanzie di sicurezza
alle navi.
Il nuovo porto di Traiano,
realizzato tra il 100 e il 113 dopo Cristo, venne progettato, più piccolo del
precedente, con una forma esagonale per consentire una maggiore capacità ricettiva di
attracco, con sponde costruite in opera cementizia e ormeggi in pietra per l’approdo delle navi.
Roma ottenne così un attracco
marittimo capace di garantire la massima efficienza e di raccogliere intorno ai
suoi bacini portuali il nuovo nucleo urbano della nascente città di Porto costituita,
oltre che dalle imponenti strutture portuali, da capienti magazzini
commerciali, da templi, da edifici di abitazione residenziale e civili,
costruiti secondo un preciso piano regolatore.
Il monumentale
colonnato di Claudio, caratteristico per le massicce colonne a sbozzature
rustiche in travertino, delimitava un efficiente sistema di magazzini annonari,
successivamente incrementati da Traiano e da Settimio Severo, con una serie di
nuovi e più capienti locali alti
più di sette metri e
aperti su ampi corridoi e portici che spesso assumevano il carattere di veri e
propri mercati con cortili interni e botteghe. Sul lato opposto del bacino
portuale, lungo i lati est e sud, si disponevano le altre abitazioni civili e
le aree sacre con i templi dedicati a Bacco e a Portuno.
La decadenza del
nucleo di Porto ebbe inizio con le incursioni saracene del nono secolo, che
causarono il declino delle attività commerciali e avviarono il graduale abbandono dell’abitato a favore del
vicino e meglio difendibile Episcopio.
Nel XVI secolo, papa
Gregorio XIII prima e Paolo V poi fecero erigere le torri di avvistamento a
difesa della costa e iniziarono la bonifica dell’entroterra riattivando la navigazione del canale di
Fiumicino.
Nel 1856 Alessandro
Torlonia acquistò la proprietà caratterizzata dall’antico Porto di
Traiano. Fu chiara, fin dall’inizio, la volontà di considerare la tenuta di Porto, non come una semplice
proprietà agricola, ma di
trasformarla in una vera e propria villa rappresentativa, al pari dei più bei parchi urbani di
Roma.
La creazione di maestosi
viali di pino romano rientrava nel programma di strutturare la proprietà con importanti
valenze paesaggistiche che avrebbero costituito insieme all’episodio
architettonico vero e proprio della villa-casale colonnata, adiacente l’antico porto di Traiano,
un luogo unico al mondo per bellezza e suggestione.
La bonifica completa
dell’area si realizzerà solo agli inizi del
Novecento con lo straordinario intervento del principe Giovanni Torlonia il
quale, tra il 1926 ed il 1935, scavò intensivamente l’area archeologica e riconvogliò, nel bacino
esagonale traianeo, le acque del Tevere.
Il parco archeologico-naturalistico
dell’Oasi di Porto, aperto successivamente
al pubblico a partire dal 1993, è stato
configurato come un’area
verde di alto pregio, dove, nel corso degli anni, sono stati eseguiti diversi
interventi con l’intento di conservare l’habitat
naturale. In questo senso è stata
importante l’opera Russel Page e del Prof. Paolo
Pejrone, esperti progettisti di giardini. Oltre infatti ai 40 mila lecci, sono
stati piantumati mille pini, 5000 allori, 500 platani e una selezione di palme,
con la finalità di
arricchire di nuove specie botaniche, l’esteso giardino lacustre, così come previsto dal
progetto di miglioramento ambientale.
Risale al 1995 la designazione del
parco del Lago di Traiano come “Zona a Protezione Speciale” (ZPS),
successivamente perfezionata in un’apposita classifica nell’allegato
A del D. M. del 3 aprile 2000.
L’odierna immagine del parco per le sue
speciali prerogative storico-naturalistiche, rimanda direttamente alle famose
ville con vasti giardini di grandi famiglie romane, come Villa Borghese e la
scomparsa Villa Ludovisi.
Attualmente “l’Oasi” è visitabile,
esclusivamente su carri trainati da cavalli con l’accompagnamento
e l’ausilio di guide. Durante le circa due
ore di percorso, si possono incontrare anche alcuni daini che qui hanno trovato
un habitat ideale. Dalla deliziosa Casina delle Anatre, si percorre ancora la
via che costeggia il lago e i resti dei magazzini Severiani, per raggiungere
poi dopo un tratto a piedi il capanno di osservazione degli uccelli.
La famiglia Sforza Cesarini in questi
ultimi settanta anni ha ispirato la propria azione ai principi indicati prima
da Alessandro e poi da Giovanni Torlonia con evidenti difficoltà per le condizioni
socio politiche e amministrative completamente mutate rispetto agli inizi del ‘900.
Davanti alle insensate speculazioni edilizie più difficile è stata la difesa del
paesaggio perseguendo il miglioramento delle infrastrutture idrauliche e la
rigorosa conservazione delle emergenze naturalistiche e archeologiche.